Letture. Che fine ha fatto il mio computer?

Sono passati circa venti anni dall’acquisto del mio primo computer. Era il 1989. Da allora ne ho cambiati quattro. Computer di casa, intendo. Perchè in ufficio ne ho cambiati cinque. Che in tutto fanno nove. E mi sono chiesto: che fine avranno fatto quelli che ho gettato?

Ecco mi sono chiesto queste cose leggendo L’albero dei microchip scritto da Abate e Carlotto per le Edizioni Ambiente, collana Verdenero. Che ho già segnalato qui sopra perchè mi sembra una iniziative lodevole assai assai.

In Italia c’è un ragazzino sfigatissimo che viene svillaneggiato dai soliti bulli di classe. Dall’altro capo del mondo, in Africa, ci sono un paio di ufficiali dell’ONU alle prese con i peggio traffici di cui è teatro il porto di una nazione africana straziata dalla guerra civile. In Italia i soliti bulli scoprono una certa quantità di rifiuti tecnologici interrati in un campo e pensano di architettare uno scherzone ai danni del ragazzino sfigatissimo. In Africa i due cavalieri dell’ONU progettano una azione ardita contro un’organizzazione di lestofanti  che scarica nel terzo mondo i rifiuti tecnologici del primo.

E poi, a un certo punto, entrano in scena: un’insegnante di buon cuore e onesti principi, un finanziere cicciottello, un ufficiale dei carabinieri con due belle tette, un bancario senza scrupoli, una eminanza grigia ancor più senza scrupoli e altri personaggi ancora. Entra in scena tutta questa folla e le due storie, quella in Italia e  quella in Africa, si saldano.

L’albero dei microchip si legge d’un fiato perchè è avvincente e ben costruito. Se fossi un lettore dal palato fine avrei forse qualcosa da obbiettare. Ad esempio che qualche dialogo appare  un pò farlocco e che i cattivi sono veramente troppo cattivi e solo cattivi. Però non ho il palato fine, mi piacciono i toni forti e la narrativa di impegno sociale. Quindi, se volete un consiglio, accattatev’illo.

Corre l’obbligo di precisare che il carabiniere pettoruto era di sesso femminile.

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