Il mestiere dell’archivista. Dieci domande a Sergio Del Bello.

Qui si parla di: Cabernet sauvignon, esordi lavorativi, una giornata divisa in tre, la crisi arriverà nel 2010, contributi previdenziali, forum.

Sergio Primo Del Bello da Bergamo. Cinquanta anni, ma sì dai che si può dire non sei mica una signorina. Sergio ha una moglie e una figlia. Archivista single che non disdegna la compagnia, lui non la figlia. Lavora in equipe, ad esempio, per Archivio Bergamasco, centro studi e ricerche. E per l’associazione Secco Suardo che si occupa di storia del restauro e di archivi di restauratori. E poi pratica archivi nelle valli bergamasche con qualche puntata nel bresciano. Organizza feste, ritrovi, eventi, pranziecene di argomento archivistico. Ma anche no. L’ultima trovata è “Archiviando”, nel senso del forum, in tandem con Bernardino Pasinelli.

Cabernet sauvignon o nero d’Avola?

Così di botto scelgo il Cabernet. Inoltre il Nero d’Avola è troppo forte per questa stagione.

Come quando e perché  hai cominciato. A trafficare con gli archivi, dico

Ho cominciato a frequentare gli archivi all’inizio degli anni Ottanta nell’ambito di una ricerca di storia locale che poi è stata pubblicata nel 1983, avevo allora 23 anni. Poi in città a Bergamo ho conosciuto il centro studi Archivio Bergamasco – sono diventato socio nel 1985 l’anno che ho frequentato la scuola di Archivistica all’AS di Milano. Poi ho proseguito le ricerche e gli studi e ho iniziato ad effettuare i primi riordini. Ma il salto ufficiale nella professione è avvenuto con il progetto Archidata nel 1987.

Su quanti archivi hai lavorato, li hai mai contati? Pensi di aver fatto grossi danni?

Non li ho mai contati ma credo siano circa una ventina fra quelli condotti con piena responsabilità e quelli a cui ho collaborato. Per i danni ritengo di non averne fatti, anzi se penso a come ho trovato alcuni archivi su cui sono intervenuto non ho dubbi. Se però rivedo oggi certi riordini dei primi anni Novanta, almeno per quanto riguarda l’inventario, forse qualcosa non lo rifarei. Ma questo fa parte dell’evoluzione, diciamo, della disciplina. Anche  Sesamo nel corso degli anni è cambiato

Oggi in quanti posti lavori?

Direttamente lavoro in alcuni archivi comunali in tutta solitudine per aggiornamenti o nuovi riordini. Poi come libero professionista collaboro con “agenzie” di Bergamo e Brescia con ruoli di responsabilità scientifica, logistica e strategica. Curo direttamente un censimento archivistico per una Comunità Montana che si sta evolvendo in un progetto interdisciplinare. Poi dedico tempo e idee anche per il no profit soprattutto per iniziative e attività che riguardano il nostro lavoro e gli archivi. Insomma non credo che oggi basti curare bene il proprio orticello. Occorre allargare l’orizzonte, vedere oltre e pensare, cosi si dice, globalmente.

E’ da quando porto le braghe corte che sento dire che agli archivi non pensa mai nessuno, non c’è interesse, non ci sono soldi. E ora con la famosa crisi? I committenti stringono i bilanci?

Si è così. Ma credo che dati i nostri tempi e cicli ne risentiremo mediamente a partire dal 2010 in avanti. Per ora diciamo abbiamo ancore le scorte di magazzino. Lo stesso mi dicono alcuni colleghi imprenditori di altri settori. Il problema della crisi, se è vero che è così grave, si manifesterà in tutti i suoi effetti negativi l’anno prossimo. Speriamo che nel frattempo …

La tua giornata/tipo

La mia giornata è divisa in per così dire in“tre giornate”. Al mattino in studio per il disbrigo della posta, telefonate e attività di segreteria, il pomeriggio in archivio o nei gruppi di lavoro, la sera e la notte per la redazione di testi, revisione lavori e pianificazione oltre all’attività no profit che si infilano ormai da anni quasi quotidianamente nei buchi di tempo specialmente nelle ore notturne. Ccome questa intervista.

La paga dell’archivista. Cioè non di preciso, alla grossa, sei più vicino al reddito di un dentista, a quello di un insegnante o a quello di un operatore da call center.

E qui si vede che sei un dipendente. Per la paga intendi il fatturato, il reddito fiscale, l’utile? Il fatturato per me è ha un valore diverso dal reddito. Parlando alcuni mesi fa con un collega archivista anche lui con partita iva, ma appartenente ad una società srl di Roma, mi ha riferito che lui ha scelto il “regime dei minimi” che prevede una soglia di 30.000 euro. Infatti lui tutte le spese e i costi li carica sulla società e quindi il fatturato per lui è coincidente con il reddito. Per me non è così. Su questo sarebbe importante avviare una riflessione a livello nazionale. Noi per esempio, da punto di vista previdenziale, versiamo i contributi alla cosidetta gestione separata dell’INPS e paghiamo l’importo più alto in Italia: il 26 % del reddito! Più di commercianti e artigiani, per dire.

Io ragiono da dipendente ma tu non mi hai risposto. Eh eh. Continuiamo. Cosa ti piace, cosa ti motiva o, se preferisci, cosa ti intriga nel tuo lavoro? Una cosa che aboliresti subito.

Sicuramente il fatto che ogni intervento sia di riordino, che di altro genere, presenta sempre aspetti nuovi e caratteristiche uniche. Non solo il fascino dello scoprire quanto rimasto inesplorato ma anche tutta la fatica e gli sforzi mentali per individuare le soluzioni non sempre immediatamente evidenti. E’ una continua sfida e quindi per questo interessante e a suo modo affascinate. Più che abolire proporrei di aggiungere. Ad esempio sul tema dell’aggiornamento professionale. Bisognerebbe che ci fosse maggior vigilanza. La recente riforma dello statuto dell’ANAI che introduce la certificazione “volontaria” va in questa direzione. Ma il cammino è ancora lungo.

Sfera di cristallo: tra cinquanta anni gli archivisti esisteranno ancora? E che razza di lavoro faranno.

Lo stesso di oggi. Alcuni però lavoreranno a tempo pieno all’armonizzazione e all’elaborazione delle migliaia di banche dati archivistiche e alla loro revisione ed altri che invece si occuperanno delle relazioni ed interazioni con altre banche dati “gemelle” e “cugine” sia nel settore dei beni cultuali che anche oltre. E prima di allora mi auguro che si riuscirà da indire l’anno internazionale degli archivi e della memoria scritta con tutto quanto di benefico ci potrà dare una tale evento.

Le attività di promozione: soldi buttati o ottimi investimenti in comunicazione?

La promozione è importante. Bisogna però distinguere quando, dove e a che livello. Io sono convinto che se si riesce a trovare un aggancio con qualche evento o aspetto di maggior richiamo si può raggiungere un pubblico più vasto e variegato.

Per finire due domande fuori dal cesto: come va il forum? soddisfatto?  E poi: Sergio “Primo”, perchè immagini ce ne sia un secondo un terzo e così via? Ah ah

Il forum è ancora in fasce. Ha bisogno di molto tempo per crescere. E’ una nuova sfida. Certo se penso che i bibliotecari, che sono molto più numerosi di noi, non hanno ancora un forum la cosa mi preoccupa. Come mi preoccupa il fatto che gli archivisti non si sentono una “categoria” e perciò ognuno coltiva il proprio orticello, il resto è considerato una perdita di tempo. Forse le nuove generazioni sembrano più disponibili a comunicare: Bisogna però continuare a seminare, perché come dice il Vangelo “altri seminano ed altri raccolgono”.

Il nome è una tradizione di famiglia. Io mi chiamo Sergio Primo, mio padre Mario Secondo, mio nonno Primo, poi so che vi era un bisnonno Secondo. Mia figlia per ovvie ragioni di “intolleranza onomastica” non è stata chiamata …

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